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Gha’u
Tibet - Oro, turchesi, lapislaziuli, corallo, argento - Alto cm.18 - XIX Sec.
I gha’u sono contenitori decorati la cui funzione è quella di custodire e portare con sé reliquie, amuleti, oggetti sacri e immagini di Buddha o divinità. Questo notevole pezzo è decorato con motivi vegetali in filigrana, una tipica lavorazione importata in Tibet dagli artisti newar della Valle del Nepal (1), e con simboli e immagini di divinità minori realizzate con pietre dure semipreziose incastonate. Data la qualità della sua lavorazione, potrebbe provenire da una città dove la produzione orafa era di alto livello, come Shigatse, nel Tibet sud-occidentale, un importante centro per questo tipo di creazioni, e uno dei luoghi dove nei secoli vissero generazioni di artisti newar. Sulla parte frontale di questo gha’u, collocato su una doppia base lotiforme realizzata con turchesi, sono visibili gli Otto Simboli di Buon Auspicio, divisi sui due lati della cornice: il fiore di loto, il vaso contenente il nettare di lunga vita, i due pesci affrontati, il parasole, la conchiglia, il nodo senza fine, lo stendardo di vittoria e la ruota del dharma. Gli otto emblemi si ripetono anche sulle parti laterali del contenitore, dove sono collocati anche due anelli, la cui funzione è quella di farvi passare un cordoncino per poter appendere il gha’u alla cintura. Sulla sommità della facciata anteriore, al centro, si trova Garuda (vedi scheda n.7), finemente realizzato con turchesi, coralli e lapislazzuli, accompagnato da due divinità volanti realizzate con turchesi, raffigurate nel gesto di omaggio (namaskâra-mu- drâ). Nella parte inferiore è raffigurato un kîrtimukha, (“volto glorioso”), un essere mostruoso di origine shivaita (2) divenuto molto popolare anche nel buddhismo. Sul bordo esterno della cornice frontale sono visibili tre file di perle stilizzate, in oro, di diverso spessore. All’interno è stata aggiunta un’immagine di Yama, il dio dalla testa taurina di origine vedica adottato dai buddhisti in quanto signore dei defunti. Nel contesto religioso buddhista Yama assolve ruoli diversi, in particolare quello di protettore della dottrina, in virtù del suo legame con la morte e della sua funzione di giudice delle azioni dei de- funti. I testi indiani lo descrivono monocefalo, d’aspetto feroce e corpulento, nell’atto di stringere uno scettro nella mano destra e un lasso o un altro attributo nella sinistra, ma non fanno riferimento alla testa di toro con cui è invece raffigurato nell’iconografia buddhista (3). Il colore blu scuro previsto dalla sua iconografia è richiamato dal colore della pietra utilizzata per questa immagine, il lapislazzuli. Yama, insieme alla sorella Yamî, è qui raffigurato in piedi e con il pene eretto, in atteggiamento marziale sopra un bufalo, emblema del male, che schiaccia il corpo di un nemico della dottrina buddhista simboleggiante gli ostacoli che si interpongono sul cammino di realizzazione. (1) John Clarke, Jewellery of Tibet and the Himalayas, Timeless Books, Delhi 2004, p. 45. (2) Robert Beer, The Handbook of Tibetan Buddhist Symbols, Serindia, Chicago and London 2003, p. 78. (3) Erberto Lo Bue, Immagini divine e spazi sacri, in Erberto Lo Bue and Chiara Bellini, Arte del Ladak. tesori di arte buddhista nel Tibet indiano dall’XI al XXI secolo, Jaca Book, Milano 2011 (in stampa). For a similar Gha'u : Referenze : Sacred Symbolos “The Ritual Art of Tibet” Robert A.F. Thurman – David Weldon Sotheby,s “Rossi & Rossi” New York 1999 Page 70 n° 30 “Traveling Shrine (Tbt Gha’u)
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