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Shiva and Pârvatî

Nepal - Legno - Alto cm.44 largo cm.30 - XVII Sec.

Questo rilievo in legno rappresenta un tema particolarmente amato dai Newar della Valle del Nepal, quello di Umâ-Maheshvara, ossia Shiva con la consorte Pârvatî (Umâ), circondati dal loro seguito. Sebbene nella Valle del Nepal sia Vishnu a rivestire un’importanza maggiore in virtù del suo legame con il sovrano, considerato una sua manifestazione, è a Shiva che è dedicato il più importante tempio induista della valle: Pashupatinâtha. Questa immagine si ispira ad una descrizione che si trova nel Matsyapurâna, un testo indiano redatto nel VII secolo, nonostante i suoi insegnamenti siano stati trasmessi oralmente in precedenza. Infatti, la più antica stele nepalese in pietra recante questo soggetto si trova a Patan, e reca una data corrispondente al 573 d.C. (1).
La divina coppia è collocata in uno spazio che intende evocare l’interno di una grotta sotto la sommità della loro dimora, il monte Kailâsa, rappresentato attraverso una particolare stilizzazione, visibile già in un rilievo in pietra nel tempio di Changu Nârâyana, nel quale le rocce sono rese con un motivo geometrico di origine indiana. La loro forma ricorda i mattoncini in terracotta diffusi in tutta la Valle e utilizzati, fin dall’antichità, per costruire templi, palazzi e abitazioni. Shiva e Pârvatî sono raffigurati in un atteggiamento intimo e affettuoso: Shiva cinge le spalle della sua consorte con il suo braccio sinistro superiore mentre lei gli posa una mano sul ginocchio, inclinando leggermente il volto verso il suo sposo. Nel registro superiore della composizione Shiva è ritratto due volte come Signore dello Yoga (Yogeshvara) ai lati di Garuda con le ali spiegate. Alla destra di Shiva è riconoscibile la sua cavalcatura, il toro Nandi, con orecchie molto allungate. In altre raffigurazioni analoghe, sul suo dorso è ritratto il primogenito Karttikeya, che in Nepal ebbe un’importanza maggiore rispetto a Ganesh fino al primo periodo Malla (1200- 1482), e che in questo rilievo ligneo è invece raffigurato nel registro inferiore a Nandi, con la mano appoggiata al ginocchio di Shiva in una sua piuttosto rara manifestazione stante e con accanto una figura inginocchiata, in atteggiamento omaggiante. L’accostamento fra Karttikeya e il fedele in ginocchio è una reminiscenza iconografica buddhista (2).
Alla sinistra di Pârvatî si trovano un attendente con un grande ventaglio e una figura femminile inginocchiata apparentemente sull’acqua, probabilmente Ganga. La dea fluviale, amata da Shiva e tollerata da Pârvatî, è ritratta nella stessa posizione in una
stele in pietra raffigurante lo stesso soggetto e datata X secolo (3). La presenza di Ganga in questa posizione, speculare a Karttike- ya, potrebbe essere giustificata dal fatto che, secondo un’antica leggenda, quest’ultimo, da bambino, fu abbandonato nelle acque del Gange (4). Sotto Ganga vi è un altro personaggio femminile, inginocchiata al cospetto della coppia divina con le mani giunte nel gesto di omaggio (namaskâra-mudrâ), portate ossequiosamente ai piedi di Pârvatî. Questa figura appare in due rilievi in pietra che riproducono lo stesso tema iconografico, uno visibile a Banepa e ascrivibile all’epoca Licchavi o al Periodo di Transizione, e uno a Kathmandu datato XVI secolo (5).
Nel registro inferiore del rilievo sono visibili alcuni personaggi che fanno parte della famiglia o del seguito di Shiva: al centro Ganesh, il figlio dalla testa di elefante, affiancato da due forme di Shiva. La figura emaciata di Bhringi, un fedele devoto di Shiva (6), è raffigurata all’estrema destra, sullo stesso registro. Questo saggio, che faceva parte di un gruppo di adepti shivaiti himalayani, dimenticò di rivolgere il suo culto anche a Pârvatî, che lo maledisse facendolo dimagrire con un incantesimo sino a ridurlo come uno scheletro, tanto che le sue gambe non furono più in grado di sorreggerlo. Shiva, impietositosi, gli donò una terza gamba in modo che potesse continuare il suo culto, e nello stesso tempo si unì a Pârvatî, consunstanziandosi nella manifestazione chiamata Ardhanârîshvara, lo Shiva androgino, in modo tale che anche la sua consorte potesse godere della venerazione generalmente rivolta a se stesso (7). Questo episodio mette in luce l’importanza della shakti, l’energia creatrice, simboleggiata dalla controparte femminile di Shiva, per raggiungere i più alti livelli di realizzazione spirituale.

 (1) Mary Shepherd Slusser, Nepal Mandala. A Cultural Study of the Kathmandu Valley, (2) vols, Mandala Book Point, Kathmandu 1998, p. 233, fig. 351. 2 Ibid. pp. 259-260.
3(9 Pratapaditya Pal, Himalayas. An Aesthetic Adventure, The Art Institute of Chicago - University of California Press - Mapin Publishing, Chicago - Berkeley - Ahmedabad 2003, p. 29. (4) Mary ShepherdSlusser, Nepal Mandala. A Cultural Study of the Kathmandu Valley, op. cit., p. 260.
(5) Cf. ibid., plates 253 and 355. (6) Cf. PratapadityaPal, Himalayas. An Aesthetic Adventure, op. cit., p. 29, and Mary Shepherd. Slusser, Nepal Mandala. A Cul- tural Study of the Kathmandu Valley, op. cit., p.179. (7) Eckart Schleberger, Le divinità indiane. Aspetto, manifesta- zioni e simboli. Manuale di iconografia induista, Mediterranee, Roma 1999, p. 99.

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